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Nel Seicento, l'Italia e l'Europa entrano nella modernità. Il XVII secolo è già il nostro tempo intellettuale spirituale ed emotivo. Di quel secolo il romagnolo Guido Cagnacci fu protagonista. Non testimone e neppure comprimario, ma protagonista. Partito dalla "piccola Siviglia" (Arcangeli) riminese, partecipò a Roma della rivoluzione caravaggesca e a Bologna della "bellezza virtuosa" di Guido Reni. Fu a Venezia e alla corte imperiale di Vienna. Come un iperrealista dei giorni nostri lo affascinava l'obliquo enigma delle cose. Come un autore a noi contemporaneo riuscì a rendere visibile il vero dei sentimenti, delle emozioni, degli affetti, forzandone la rappresentazione fino all'oltranza e all'iperbole. Venerata religione, estasi mistica, concitata eloquenza, malinconico e compulsivo erotismo, percezione della fatalità della storia, violenza e dramma nelle umane passioni. Ecco ciò che occupa i quadri di Cagnacci. Questo universo magmatico, tumultuoso e già moderno, nessuno come lui, nel suo secolo, è riuscito a metterlo in figura.